L’ “ANTI-GUIDA” ALLE TEORIE COSPIRATORIE
Anastasia Arese
I recenti avvenimenti, a partire dalla comparsa del virus Covid-19 a Wuhan, Cina, fino all’assalto al Campidoglio negli Stati Uniti d’America, da parte dei sostenitori dell’ex presidente Trump, hanno portato alla luce uno dei fenomeni che sta prendendo piede nella società del ventunesimo secolo: il complottismo.
Di cosa si tratta?
Innanzitutto “complottismo” si può definire come un insieme di diverse teorie, credenze, supposizioni riguardanti un certo fenomeno sociale, scientifico, storico, ecc..
Ogni teoria cospiratoria è costruita su caratteristiche simili: una parte cattiva, una o più persone intenzionate a lucrare sul male dei “buoni”; qualsiasi fenomeno, anche non strettamente legato a quello di partenza, è riconducibile ad esso (il famoso: “è tutto collegato”) e infine la manipolazione, l’esortazione alla diffidenza e altri sentimenti tendenti all’apocalittico hanno un ruolo fondamentale nel radicamento di tali teorie.
Il cospirazionismo si lega perfettamente all’evoluzione tecnologica: sono ormai innumerevoli le teorie che nascono e si formano in Internet. Ma, in realtà, questo sistema di credenze ha origini ben lontane nella storia.
Se ci pensiamo persino durante la prima epidemia di peste c’era chi credeva in un castigo di Dio, o incolpava delle minoranze.
Probabilmente andassimo indietro nel tempo riusciremmo a trovarne altre ancora.
Nel 1964, Richard Hofstadter, storico e intellettuale americano, si è interessato all’evoluzione del cospirazionismo nella politica americana, nel “The Paranoyd Style of American Politics”.
Egli definisce la posizione cospiratoria, come il “Paranoyd Style”, rievocando, in quelli dei complottisti, comportamenti tipici di un disturbo psicotico.
Il fattore che rende significativa questa “relazione” è che persone apparentemente “normali” assumono modi paranoici, e li trasformano in una posizione politica.
Ed è da questo punto che mi collego a una descrizione del “complottista”.
Chi è costui?
Ci sono diversi tipi di persone che possono credere in queste teorie e per i più svariati motivi: uno degli esempi più noti è quello di persone ciniche, che non approfondiscono ciò che hanno davanti e prendono per vera un’idea confezionata. Loro rispondono mai al perché o al come e si soffermano solamente sul fine dei fenomeni, lasciando tutti gli interrogativi aperti a chi li ascolta.
Un altro esempio è quello di persone con una base psichica molto debole, la cui ricerca di un concetto che faccia scalpore (per l’assurdità di esso) fra la gente, non è altro che la ricerca di un’identità. Certamente la società contemporanea non fa che premere su quest’ultimo aspetto: la cosiddetta “società della performance” (Andrea Colamedici e Maura Gancitano) dà valore non a chi ricerca e cura il proprio lavoro, ma a chi fa colpo e stupisce (sia in buona che mala fede).
Infine vi è anche chi sfrutta le credenze delle persone per esortarle a proprio favore, giovando alla diffusione delle teorie, e di nuovi “fedeli”.
La paura è uno degli elementi fondamentali. Un sentimento squisitamente naturale, che attiva il nostro istinto di sopravvivenza.
Quando si è spaventati si cerca una sicurezza, un qualcosa a cui fare riferimento, per non cadere nel tanto temuto caos.
I complottisti ritrovano questa sicurezza in un capro espiatorio: un “cattivo” della nostra storia.
Lui è inevitabilmente da sconfiggere al fine di salvare l’umanità intera.
Questo punto è piuttosto debole: si può davvero definire chi è bravo e chi è cattivo?
Chi crede ancora al bene e al male, non si rende conto che ormai non è più possibile essere solo uno, o solo l’altro. Quel “Siamo i cattivi nella storia di qualcun altro” è vero.
Ad esempio, immaginiamo un ragazzo che compra dei fiori per portarli alla nonna. Nella nostra visione il ragazzo è un “buono” che compie una buona azione. Ma adesso aggiungiamo un particolare: Il ragazzo compra i fiori in un negozio, ma non sa che quei fiori provengono da una coltura illegale di un paese povero che sfrutta lavoratori sottopagati. Adesso è ancora buono? E se invece aggiungessimo che sta portando i fiori alla nonna, perché quello è il suo ultimo desiderio prima di morire?
Da questa storia possiamo ricavare che il mondo non è diviso in persone buone o cattive, siamo allo stesso tempo entrambe, ma ogni giorno scegliamo, insieme all’azione e all’intenzione, quale causa seguire e quale ignorare. Sarebbe impossibile seguire tutte le problematiche di ogni realtà del mondo, e ponderare le proprie scelte su quello: finiremmo per non fare niente, e sentirci in colpa persino per quello.
Solamente nelle fiabe dei bambini il buono/cattivo assume un valore, che può insegnare la gentilezza o altri valori, ma arriva un momento in cui bisogna crescere, e lasciare i castelli, i draghi e le principesse.
Nei confronti della paura anche il negazionismo rappresenta una soluzione alla ricerca del controllo.
Il complottista, quindi, di base è cinico, spaventato e ha bassa autostima. Ma un’altra caratteristica che lo contraddistingue è il gruppo.
Cospirare deriva dal latino “Cum Spirare”, ovvero respirare insieme. I complottisti respirano insieme paura e caos dal mondo e espirano odio, ansia, paranoia: una fotosintesi del terrore, incentivata dai mezzi di comunicazione, ormai più veloci della luce, che agevolano la costruzione di comunità disfunzionali alla velocità di un “click!” e che possono portare a conseguenze molto gravi: solitamente l’odio verso un altro gruppo, minoranza, individuo, che, in casi estremi, rischiano la vita.
Ma come possiamo fare per cercare di fermare l’avanzamento delle teorie complottiste?
Innanzitutto, dalla descrizione del complottisti, abbiamo capito che, in molti casi, si tratta di persone molto deboli. Quindi, andare ad affermare il contrario di quella che rappresenta per esse una sicurezza, non fa altro che alimentarne l’attaccamento. Piuttosto si possono fornire spunti di riflessione sulle proprie tesi o per un dibattito.
Bisogna anche considerare la pressione mediatica su questi argomenti. Compaiono spesso titoli fuorvianti e toni catastrofisti, pronti a catturare l’occhio della gente, che spesso non ha né il tempo, né la voglia di verificare la fonte, o addirittura leggere per davvero e capire a fondo un articolo.
A tal proposito, a partire dal 1994 il “Luther Blisset Project”(“LBP”), pseudonimo di un collettivo di artisti, giornalisti, ecc. si è spinto fino in Italia, con lo scopo di dimostrare attraverso performance e esperimenti sociali i difetti del sistema di comunicazione, l’effetto sugli automatismi dell’opinione pubblica, che favoriscono la circolazione di fake news.
Le performance prevedevano la creazione di un provocatore immaginario, ad esempio l’illusionista Harry Kipper, l’artista Darko Maver, farli sparire o coinvolgerli in un qualcosa di misterioso, far arrivare ai canali di comunicazione le loro storie, lasciare che il popolo esprimesse stupore e interesse per poi gettare la maschera, e rivelare la falsità del tutto.
Uno dei casi più impressionanti fu quando vene costruita una storia su una comunità satanista vicino a Viterbo, arrivò sulla tv nazionale, con un servizio su un rituale ripreso, per poi essere messo in ridicolo, sempre su un’emittente televisiva, con l’inizio di una tarantella, di fronte a un pubblico sconcertato.
L’azione di questo gruppo ci lascia una profonda riflessione sia sul ruolo della comunicazione delle notizie, sia sulla scarsa volontà nel cercare a fondo la verità da parte di tutti: o per pigrizia, o per cinismo o per la paura che la verità sia troppo noiosa.
Il complottismo non è un qualcosa da sottovalutare, in una società che corre, in cui salgono ansia, paure, in cui il controllo e la stabilità sembrano una difficile conquista. Dobbiamo capire che tutti noi abbiamo un ruolo fondamentale nella costruzione di essa e nell’evitare la diffusione delle teorie, e gli unici strumenti che abbiamo sono la ricerca (da fonti verificate) e la razionalità.
Come conclude Hofstadter:
“We are all sufferers from history, but the paranoid is a double sufferer, since he is afflicted not only by the real world, with the rest of us, but by his fantasies as well.”
“Siamo tutti vittime della storia, ma il paranoico è un doppio sofferente, in quanto egli è affetto non solo dal mondo reale, con noi inclusi in esso, ma anche dalle sue fantasie”.