mercoledì 17 aprile 2024

TIM BURTON ALLA MOLE

 di Jacopo Giana


Fotografie realizzate da Jacopo Giana

Qualche mese fa sono andato a visitare il Museo del Cinema di Torino, situato all’interno della Mole
Antonelliana. In questo periodo il museo ospita anche la mostra dedicata a Tim Burton.
Per chi non lo conoscesse si tratta di un famoso regista cinematografico, nonché sceneggiatore e ottimo
disegnatore statunitense. Soprannominato il “regista visionario”, ha prodotto e diretto film come:
Edward mani di forbice, La Fabbrica di Cioccolato tratto dallo splendido romando di
Roald Dahl, Mars Attacks e molti altri.
Non appena ci si trova all’interno del museo, si percepisce un’aria cupa e misteriosa proprio come
le opere del regista. La parte principale dell'esposizione si concentra sull’archivio personale del regista,
ed è incredibile la varietà delle sue produzioni (documenti preziosi, disegni e bozzetti da cui hanno preso
vita i suoi personaggi cinematografici. Una storia lunga trent’anni, da Beetle Juice a Batman, fino al recente successo di Mercoledì.
La mostra è divisa in dieci sezioni tematiche, opere d’arte mai viste prima, passando per schizzi, disegni,
fotografie, costumi, pupazzi e installazioni scultoree a grandezza naturale. Molto particolare è l’entrata
ad effetto, infatti si attraversa una gigantesca bocca di un personaggio di una sua opera. L’aula del tempio
è la parte più spettacolare: si sviluppa sotto la cupola della Mole, allestita con dei maxi schermi che
proiettano continuamente degli spezzoni dei suoi film.
Quindi, ragazzi, se ascoltate il mio consiglio e vi piace questo genere, non potete assolutamente perdervi
questa mostra. 
IL MONDO DI TIM BURTON – Mole Antonelliana – dal 10 Ottobre al 7 Aprile 2024.
MUSEO NAZIONALE DEL CINEMA – Via Montebello 22 – Torino.

                                                                      


Fotografia realizzata da Jacopo Giana

Fotografia realizzata da Matilde Martino

MODA E TENDENZE 2024/2025

Nicole Porelli

Si è conclusa ormai da pochi giorni la Fashion Week 2024 di Milano.
Quest’anno di tendenza ci sono diversi capi di abbigliamento e accessori come per esempio
le scarpe con il cinturino: serve non solo a trattenere la calzatura al piede ben salda ma è
anche un ottimo modo per trasformare una semplice décolleté o dei sandali in accessori
molto più femminili; ne sono un esempio le scarpe T-bar rosso lacca di Ferragamo.
Una seconda tendenza di questo 2024 è il body: un indumento utilizzato come top può
essere infilato nei pantaloni lasciando un triangolo di pelle scoperta oppure sbottonato,
quasi per far pensare a un’uscita frettolosa.
Per l’autunno e l’inverno verranno utilizzati i collant colorati di colore rosso o verde oliva, di
tendenza anch’esso, usati per mettere in mostra le gambe. Solitamente essi vengono
abbinati a delle ballerine e un blazer.
Come ultimo capo di tendenza troviamo la camicia azzurra che dà un senso di freschezza
e si può abbinare a tutto.
Sono poi stati presentati diversi accessori come per esempio degli orecchini
dall’effetto scultura utilizzati non solo per le occasioni speciali o diverse borse con un largo
bracciale in pelle, a tracolla o molti bauletti portati a mano. I brend che hanno partecipato
alla sfilata sono moltissimi. Solo per citarne alcuni: Moschino, Blumarine, Tod’s, Giorgio
Armani, Iceberg, Bottega Veneta, Diesel, Prada, Gucci, Versace, Ferragamo e
Dolce&Gabbana.
Per quanto riguarda le tendenze della moda uomo 2024 dominano capi dai tessuti lucenti
come per esempio le tute spaziali che si contrappongono allo stile passato e l’eleganza di
capi classici; per il prossimo inverno invece spopolano le uniformi militari con cappotti
doppiopetto e berretti. I brend presenti alla fashion week sono Gucci, Fendi, Giorgio
Armani, Prada e Dolce&Gabbana.                                                                                                                        


 C:\Users\nicol\AppData\Local\Microsoft\Windows\INetCache\Content.Word\Screenshot_20240229_211445_Chrome.jpg        Scarpe con il cinturino             

        Body       

C:\Users\nicol\AppData\Local\Microsoft\Windows\INetCache\Content.Word\model.jpg                          Collant rossi e verde oliva C:\Users\nicol\AppData\Local\Microsoft\Windows\INetCache\Content.Word\Senza titolo.jpg

Orecchini ad effetto sculturaC:\Users\nicol\AppData\Local\Microsoft\Windows\INetCache\Content.Word\Screenshot_20240229_211539_Chrome.jpg

      C:\Users\nicol\AppData\Local\Microsoft\Windows\INetCache\Content.Word\Screenshot_20240229_212115_Google.jpg    Tute spaziali uomo


ARTICOLO DI OPINIONE

Le camicie nere tornano di moda

Laura Bota 




Paesaggio urbano con ferroviere di Mario Sironi (1924)



L’indifferenza è sicuramente il ‘fatal flaw’ (letteralmente ‘difetto fatale’) degli Italiani.

Abbiamo, come popolazione, la capacità di girare la testa dall’altra parte anche davanti le peggiori disgrazie. Un esempio? Lasciamo morire le persone nel Mediterraneo ormai da anni, ci lamentiamo sì e no due volte all’anno e lasciamo correre.

Uno prova a discutere il problema e la tipica risposta è: “eh, ma noi che possiamo fare?”, detto mentre sorseggiano il loro Spritz nel bar più costoso di Milano, lamentandosi dell’inflazione e di Chiara Ferragni.

Questa indifferenza è quella che ha permesso a un migliaio di persone di riunirsi e fare il saluto romano urlando “presente” il 7 Gennaio 2024, a Roma. Non stiamo parlando di qualche decina di persone, ma di una folla intera di veri e propri fascisti. E di questi neanche la metà sono stati identificati e puniti. 

L’avvenimento viene nominato anche “Acca Larentia” dal nome della via nella quale è avvenuta la manifestazione; questa si è svolta per commemorare la morte dei militanti Franco Bigonzetti, Francesco Ciavatta e Stefano Recchioni uccisi nel 1978 da dei terroristi di estrema sinistra. 

Vedere persone che si radunano per dimostrare il proprio appoggio al regime fascista non è una cosa nuova, nonostante la legge Scelba (formalmente legge 20 Giugno 1952, n.645) lo vieti. Alcuni di questi manifestanti vengono denunciati e talvolta puniti, mentre altri, per non dire la maggior parte, rimangono impuniti.

Era infatti l’ottobre del 2022 quando centinaia di persone marciarono sul comune di Predappio indossando camicie nere e urlando il nome del duce, seguito dal classico ‘presente’. Tra la folla numerosi erano i bambini. 

Era invece il 29 Aprile 2018 a Milano quando una folla si è unita a commemorare la morte di Sergio Ramelli, sempre con il saluto romano.

Queste manifestazioni, che possiamo definire tranquillamente illegali, hanno avuto la strada spianata da quei partiti che, nonostante la loro innata xenofobia, omofobia, e quindi un innato timore per il diverso, hanno raggiunto la maggioranza. C’è chi pensa che questo non sia un problema e che sia l’unico modo per salvare l’Italia, chi invece preferirebbe un governo più aperto alle diversità.

Nonostante le differenze di pensiero, ci sono dei diritti e dei doveri che, indifferentemente dal partito che appoggiamo, dobbiamo seguire. 

Negli ultimi mesi e in particolare nelle ultime settimane si è parlato tanto di libertà di espressione e di censura. Perché?

Era il 7 Dicembre 2023 quando alla Prima della Scala, Marco Vizzardelli urlò “Viva l’Italia anti-fascista”, poco dopo la fine dell’Inno di Mameli. Nonostante il commento non avesse nulla di sbagliato o di irrispettoso, la Digos in persona (che si occupa di contrastare i reati che vanno contro l’ordine pubblico, come il terrorismo) si è messa ad indagare. Quattro agenti, poco prima della fine dello spettacolo, hanno fermato Vizzardelli, chiedendogli i documenti. Non sarebbe stato strano se l’esclamazione di Vizzardelli fosse stata “viva l’Italia fascista” (in quanto va contro la legge), ma dire “viva l’Italia anti-fascista” è solo sottolineare una legge già esistente. Eppure, nonostante questo, la Digos ha ricevuto l’ordine di identificarlo, quasi fosse un terrorista.

Una situazione simile si è ripetuta nella recente settimana di Sanremo: sono bastati due artisti, Ghali e Dargen, che chiedevano uno stop alla guerra per alzare un putiferio. Ricordo che, nonostante il palco di Sanremo non sia un palco dedicato a discorsi politici, è un palco sul quale dovrebbe vigere la libertà di espressione, come in tutta Italia. Questo però non ha impedito alla Rai di censurare la scena in cui Ghali dice “stop al genocidio”, eliminandola da qualsiasi replica ufficiale.

L’ambasciatore italiano di Israele ha accusato Sanremo di aver ospitato artisti che diffondono false informazioni e ha inviato un comunicato stampa al programma “Domenica In” (successivo alla finale di Sanremo) dove consolidava il sostegno dell’Italia nei confronti di Israele. Oltre a ciò la conduttrice del programma, Mara Venier, più volte ha interrotto l’artista Dargen, che cercava di affrontare un tema discusso anche nella sua canzone, ovvero l’ingiustizia della guerra. 

Dopo questi avvenimenti gli artisti, in maniera particolare Ghali, sono stati al centro di grandi dibattiti e di drammi. L’artista stesso ha risposto alle accuse al programma “Domenica In”, affermando: “Ho sempre parlato di questo, da quando sono bambino. Sono uno di quelli nati grazie a Internet, quindi Internet può documentare che é da quando sono bambino, da quando faccio canzoni, che parlo di quello che sta succedendo, perché non è dal 7 ottobre, questa cosa va avanti già da un po’”.  

Dopo gli atti di censura, sono numerose le persone che sono scese in piazza a ribellarsi contro la Rai. Ma purtroppo queste manifestazioni sono spesso finite in modo violento: a Torino ma anche a Bologna, Napoli e Roma le forze dell'ordine si sono scontrate con i manifestanti. 

Video raccapriccianti girano sul web: persone innocenti che non avevano nessun oggetto con cui poter far del male, obbligati da poliziotti armati fino ai denti a sdraiarsi a terra. Molti sono gli studenti, completamente innocui. 

Stiamo assistendo a una parte importante della nostra storia e non se ne sta parlando abbastanza. Non importa se sei di destra, sinistra o se faresti cadere il governo. Se le persone che inevitabilmente hanno più potere di noi iniziano a zittirci, a nascondere le nostre parole, la situazione diventa critica.

Dire che “la storia si ripete” vuol dire essere consapevoli di quello che ci sta succedendo, perché negli anni Venti del secolo scorso gli Italiani hanno visto la progressiva ascesa del fascismo e insieme ad esso l'aumentare esponenziale della censura su tutte le forme di comunicazione allora presenti.

Ora é il 2024 e Ghali è pubblicamente censurato dalla Rai. E' il 2024 e studenti e persone innocenti sono picchiati dai poliziotti perché manifestano contro la negazione di diritti fondamentali. E’ il 2024 ma... sembra il 1924. 


LA RIVOLUZIONE SONORA DEI GIOVANI: TRA TRAP E HARDCORE RAP

Daniele Madala



Nell'attuale panorama musicale, i giovani artisti stanno ridefinendo i confini del suono con un mix esplosivo di trap e hardcore rap. Questa fusione di generi non solo catalizza l'attenzione delle nuove generazioni ma trasforma anche il linguaggio musicale, diventando una voce autentica e potente per esprimere esperienze di vita, sfide e aspirazioni.
La trap, con le sue linee di basso profonde e i ritmi sincopati, ha conquistato un vasto seguito di fan in tutto il mondo. I suoi testi spesso raccontano storie di vita urbana, con temi che vanno dall'amore al denaro, dalla lotta alla sopravvivenza alle gioie effimere. Parallelamente, l'hardcore rap, con le sue radici nella cultura hip-hop degli anni '80 e '90, porta avanti una tradizione di ribellione e protesta sociale attraverso testi crudi e un flow incisivo.
Dall'altra parte dello spettro musicale, l'hardcore rap porta avanti una lunga tradizione di protesta sociale e ribellione. Radicato nella cultura hip-hop degli anni '80 e '90, l'hardcore rap sfida le convenzioni e mette in discussione lo status quo attraverso testi crudi e un flow incisivo. Le sue parole sono un grido di rabbia e frustrazione, ma anche di speranza e resistenza, riflettendo le molteplici sfaccettature della vita nelle comunità marginalizzate.
Nel tessuto sonoro e culturale del nuovo millennio, la trap e l'hardcore rap emergono come potenti agenti di cambiamento, dando voce a una generazione che trova nella musica un mezzo per esprimere le proprie esperienze, le proprie lotte e le proprie aspirazioni. Questi generi, nati dalle strade delle città, ora risuonano nelle orecchie di milioni di giovani in tutto il mondo, creando un'onda di trasformazione culturale senza precedenti.

Ciò che rende queste forme musicali così potenti è la loro capacità di riflettere e influenzare la realtà che ci circonda. I giovani artisti che abbracciano la trap e l'hardcore rap non sono semplicemente musicisti, ma narratori delle esperienze quotidiane della generazione del millennio. Attraverso le loro canzoni, raccontano storie di sfide personali, di lotte collettive e di sogni infranti, creando un ponte emotivo tra loro e il loro pubblico.

Tuttavia, nonostante il successo e l'influenza di questi generi musicali, rimangono ancora sfide da affrontare. La critica sociale e culturale spesso si concentra sulla rappresentazione delle donne, delle minoranze e sulla glorificazione della violenza, sottolineando la necessità di una maggiore responsabilità da parte degli artisti nel messaggio che veicolano. 

È importante che la trap e l'hardcore rap non diventino strumenti di perpetuazione di stereotipi dannosi, ma piuttosto veicoli per promuovere la consapevolezza e la comprensione della complessità delle esperienze umane. La trap e l'hardcore rap non sono dunque solo generi musicali, ma manifestazioni di una cultura giovane e in continua evoluzione. Sono le voci autentiche di una generazione che cerca di farsi sentire e di trovare il proprio posto nel mondo. Attraverso la loro musica, i giovani artisti stanno trasformando il panorama sonoro contemporaneo e contribuendo a ridefinire i canoni della cultura popolare. La rivoluzione culturale del nuovo millennio è in corso, e la trap e l'hardcore rap sono al centro di essa.

    


La scena rap ed hip-hop, influenzata da altri generi destinati alla ribellione come il rock o il grunge, oltre all’esporre temi difficili come criminalità di strada o povertà comune, è anche un grido contro il conformismo, e le urla nelle scene di strada servono per sensibilizzare l’idea del culturalmente diverso, del trasgressivo e delle speranze che la gente nutre per gridare le proprie opposizioni alla società altolocata e benestante.
 




LAO TZU: IL TAO

Asia Giaime


Di chi si tratta?


Sappiamo molto poco dell’autore del Tao Te Ching (Laozi), di cui parleremo in seguito, che si presume essere Lao Tzu. E’ diventato una figura quasi mitica, si è persino ipotizzato che il libro non sia opera sua, ma una raccolta di detti di vari studiosi. Quello che sappiamo per certo è che nel corso della dinastia Zhou è esistito uno studioso nato nello stato del Ku con il nome “Li Er” o “Tao Tan” che divenne noto come il nome di Laozi (“il vecchio maestro”). Diversi testi indicano che era un archivista presso la corte Zhou e che Confucio (fondatore del confucianesimo, una filosofia di vita*) lo consultava per rituali e cerimonie. La leggenda vuole che Lao Tzu abbia lasciato la corte nel momento del declino della dinastia Zhou e che si sia messo in viaggio verso Occidente in cerca di solitudine. Mentre stava per varcare il confine, una delle guardie lo riconobbe e gli chiese di mettere per iscritto il suo sapere. Lao Tzu scrisse allora il Tao Te Ching, poi proseguì per la sua strada e nessuno più lo rivide. Questa è stata la sua prima ed ultima opera.


* se si vuole un approfondimento su questa filosofia richiederlo nella buca delle lettere.


Il Tao che può essere detto non è il Tao eterno


Prima di spiegare come questo pensiero aiutò la visione collettiva della vita di quel tempo, dobbiamo dire in quale contesto questa idea venne diffusa e perché fosse così importante.

Ci troviamo nel VI secolo a.C., la Cina è governata ormai da tempo dalla dinastia degli Zhou, che in questo periodo, a causa di continui conflitti, inizia a decadere. Queste condizioni portarono alla creazione di una nuova classe sociale di amministratori e magistrati all’interno delle corti, le quali erano impiegate nell’elaborazione di nuove strategie di governo. Esse presero il nome di “cento scuole di pensiero”. Cercarono soluzioni per molti problemi, si fecero molte domande ma due in particolare, anch'esse condivise con la filosofia greca, tormentavano e cercavano una risposta tra queste scuole di pensiero:

  • come si può raggiungere la stabilità in un mondo in continuo cambiamento?

  • la religione, è davvero la risposta?


La filosofia cinese c'entrava ben poco con queste domande sul senso della vita e sul cosmo, perché, essendosi sviluppata dalla politica e avendo un legame molto stretto con essa, si preoccupava di trattare temi come l’etica e la morale.

Il Tao Te Ching, che significa La via e il suo potere, ed è attribuita a Lao Tzu fu uno dei primi tentativi di imporre un governo giusto basato sulla teoria della virtù nonché del Dè o Te che poteva essere trovato, secondo Lao Tzu, seguendo il Dao o Tao cioè “la via”.

Questo pensiero sarà poi la base della filosofia nota come taoismo.



Per capire il concetto di Tao più a fondo dobbiamo sapere che per gli antichi cinesi il mondo era in eterno mutamento, in continuo cambiamento ciclico, si passa quindi da uno stato all’altro. Essi vedevano i diversi stati non come opposti, ma in relazione fra loro, derivanti l’uno dall'altro e non ci può essere uno se non c'è l’altro. Il cambiamento è visto come  un’espressione del Tao e porta alle diecimila manifestazioni che costituiscono il mondo. Il Tao Te Ching dice che gli esseri umani non sono che una di queste diecimila manifestazioni e che non hanno uno status speciale. Tuttavia, a causa del nostro desiderio e della nostra libera volontà, possiamo deviare dal Tao e turbare l'equilibrio armonioso del mondo. Vivere una vita virtuosa significa agire in conformità al Tao. Seguire il Tao però non è facile, come riconoscere il Tao Te Ching.

Filosofeggiare sul Tao è inutile, perché va al di là della comprensione degli uomini. Esso è caratterizzato dal Wu, “ il niente”, per cui possiamo vivere nel Tao solo secondo la “non-azione”, non letteralmente, ma agire in accordo con la natura in maniera spontanea e intuitiva. Questo a sua volta comporta agire senza desiderio, ambizione o ricorso a convenzioni sociali.