venerdì 19 febbraio 2021

Anno nuovo, vita nuova



 

Andrea Olla

Le restrizioni che sussistono da marzo dello scorso 2020 hanno messo in difficoltà le attività commerciali e rivoluzionato il modo che avevamo di apprendere e insegnare a scuola, hanno anche impedito tutto ciò che di bello e edificante può creare il microclima di un istituto superiore. Assemblee, incontri con esperti, progetti e concorsi artistico culturali sono stati annullati, alcuni posticipati... come il nostro giornalino, ibernato in attesa di capire cosa sarebbe successo... fino ad oggi.

Quest'anno "TispiEGO" riprende a pubblicare, ma questa volta in formato totalmente digitale come blog online. Un po' ci spiace perdere quella che ormai era diventata una tradizione: portare le copie cartacee appena stampate, leggere, condividere e discutere in classe a proposito di un articolo, fare giochi e quiz. Il blog ci permette però di essere più agili ed elastici, le uscite non saranno più mensili o bimestrali, ma aggiorneremo costantemente la pagina con articoli e rubriche. Abbiamo la possibilità di inserire link a video e siti di supporto agli articoli, alle nostre recensioni di film e libri o ai commenti e consigli in ambito musicale e artistico.

La pagina instagram @tispiegofficial sarà la nostra voce, fondamentale per annunciare le nuove uscite e per condividere novità o spunti interessanti, mentre la mail giornalinotispiego@gmail.com sarà il nostro orecchio: leggeremo le vostre proposte e risponderemo alle vostre domande.

La redazione quest'anno non è molto numerosa, ma è pronta a sfornare articoli e materiale da dare in pasto a voi affamati lettori: siamo rimasti fermi troppo a lungo!





mercoledì 17 febbraio 2021

Ricetta-Pancake alla banana

PANCAKE ALLA BANANA

Lucia Maite Cavallera


Ho scoperto questa ricetta agli inizi della prima quarantena ed è stato subito amore a prima vista, infatti mi alzavo presto quasi tutti i giorni per prepararmi questa deliziosa colazione, e lo faccio ancora adesso! È semplice, veloce, economica, salutare e adatta a tutti!


INGREDIENTI (per una decina di pezzi):

-Una banana 

-100 ml di latte

-100 g di farina 00

-un uovo

-un cucchiaino di bicarbonato


PREPARAZIONE


Inizialmente prendete la banana, tagliate la polpa in pezzettini, per poi schiacciarla con una forchetta oppure mixarla nel frullatore; mettetela poi in una ciotola abbastanza grande, dove si andrà ad aggiungere il latte (io solitamente uso quello di Avena o di Mandorle per rendere questa sfiziosità un po’ più salutare), l’uovo, la farina e il bicarbonato (per la lievitazione). Mischiate il tutto e rendetelo il più omogeneo possibile.





Non serve un tempo di riposo per l’impasto quindi si può passare subito ai fornelli!
Scaldate una padella antiaderente, fateci sciogliere un pezzettino di burro, e quando è ben calda iniziate a creare i vostri pancake! Lasciateli sul fuoco qualche minuto e poi girateli quando vedete che la parte sottostante si stacca facilmente dalla superfice. 










E se volete farli un po’ più golosi, come potete vedere nell’immagine, basta aggiungerci qualche pezzetto di cioccolato (tagliato in piccoli pezzettini) e poi ricoprirlo con altra pastella, verranno degli ottimi pancake ripieni!
Altrimenti, una volta cotti, ricopriteli di ciò che vi piace: sciroppo d’acero, nutella, miele, zucchero a velo, sciroppo d’agave e frutta di tutti i tipi!







Beethoven non s'inchina

BEETHOVEN NON S’INCHINA

Nazareno Fusta





Nel 1770 un refolo denso di novità scuote l’Europa: dapprima alcune frange, con il tempo un’intera società. Il Vecchio e il Nuovo Mondo sono scossi da violente insurrezioni popolari, in cui gli ideali di tolleranza e dignità, che pongono l’uomo, il cittadino libero, al centro della società, trovano un campo in cui germinare. Questa breve e sommaria ricerca tenta di analizzare la figura di Ludwig Van Beethoven non da un punto di vista biografico o musicale, bensì - pericolosa ambizione – un Beethoven figlio di quel tempo, in cui vi nasce e vi cresce, lo può respirare, gli soffia sulla pelle, ne parla la lingua, e ce ne consegna un ritratto. Così come non è immaginabile slegare Bach dalla dimensione spirituale, non possiamo scindere la figura di Beethoven dal suo tempo; sono due mondi che sono in contrasto, eppure così essenziali l’uno per l’altro, che, senza quel tempo non avremmo Beethoven, e senza Beethoven non avremmo quel tempo. Uno segna l’altro in modo indelebile. Beethoven non conobbe la tirannia, sia nel Protettorato di Bonn, sia a Vienna, ma visse in uno stato “illuminato” e moderato, dove gli scritti di Voltaire, Rousseau, Montesquieu e Schiller influenzano il pensiero dei governanti e del popolo. Nella sua vita non sperimentò le idee che sostenne, né tantomeno la democrazia e l’egualitarismo. Per avvicinarsi allo spirito che lo animava in gioventù, dobbiamo considerare il suo carattere, brusco e schivo, e la sua forte personalità, unita ad un talento straordinario, le quali gli permisero di essere impresario di sé stesso, e di ottenere in poco tempo fama e indipendenza economica. La nobiltà lo proteggeva, lo foraggiava, ma non lo aveva alle proprie dipendenze. È un grande passo avanti rispetto ai suoi illustri predecessori: il suo maestro Haydn, ma anche Mozart e Bach - esclusi brevi momenti di libera iniziativa terminati in ingenti perdite economiche - erano sul libretto paga dei nobili e delle casate. La sua figura incarna il nuovo ritratto di musicista, libero e intraprendente. In vita è riconosciuto come il compositore più influente d’Europa. Alla sua morte lo sarà Franz Schubert, ma, ahinoi, godrà di questo prestigio solo un anno. Se questi temi lo ispirarono fin da giovane possiamo notarlo nelle sue produzioni. Egmont è un dramma di Johann Wolfgang von Goethe, autore prediletto del giovane Beethoven, che accetta entusiasta di scriverne le musiche. Il desiderio di libertà e il sacrificio della propria vita per la patria: questo è lo scopo che Egmont persegue col suo eroismo. Per Beethoven questa aspirazione alla libertà è divenuto il contenuto essenziale del dramma. Un aneddoto significativo che lega il poeta, simbolo della letteratura ottocentesca tedesca e non con il musicista è l’episodio accaduto nel 1812 a Toplitz, una cittadina termale austriaca. In un periodo di villeggiatura, dopo un iniziale momento di solitudine, Beethoven scrisse al suo editore Breitkopf: Goethe è qui! Tra i due non ci fu affinità, anzi. Un pomeriggio, nella via centrale, squilli di tromba e passaggi di carrozze annunciarono l’arrivo dei coniugi reali. La folla immediatamente si accalcò sulle strade, e tra i curiosi si distinse il poeta proteso in un vistoso inchino, radioso e dai modi garbati, pronto a recitare un suo verso per i coniugi, mentre, con una reazione opposta, il musicista si tirò su il cappello, con aria imbronciata si nascose il viso nel bavero del cappotto e si allontanò dalla folla. Tutti se ne accorsero, ma nessuno se ne stupì. 

Goethe annoterà: 

“Il suo talento mi ha stupefatto, ma egli, purtroppo, è una personalità irriducibilmente ribelle, il suo carattere non lo rende ricco di gioia né per sé né per gli altri. Egli, già taciturno per natura, lo diviene doppiamente per la sua infermità".

Il brano che più esprime la sensibilità di Beethoven è una delle sue ultime opere: ormai completamente sordo, segnato dalle sofferenze fisiche e morali che lo accompagnano da molti anni, si esprime con l’unico linguaggio che conosce: la musica. L’arte del suono si fa portatrice di un sentimento di unità e fratellanza, e dev’essere il mezzo unificatore fra tutti i popoli. Il testo musicato è un’ode di Friedrich Schiller, inserita nel quarto movimento della Nova Sinfonia. Una melodia semplice ma nobile, poche note affidate a coro e orchestra, prima sussurrate dai legni, seguiti dagli archi, dal grave all’acuto, infine intonate dal coro. Un lento crescendo che sfocia in fortissimo tiene desto il pubblico, pronto a canticchiare il tema insieme all’orchestra, forse commosso e raggiante. La parola che si distingue fra le altre è freude, gioia in tedesco, e, i solisti, in un frenetico botta e risposta con gli strumenti, quasi la gridano, sovrastando la moltitudine di suoni che ci attraversano. Che ad urlare sia il sentimento di Beethoven, oppure quello di tutta l’umanità? 

Gioia, bella scintilla divina,
figlia degli Elisei,
noi entriamo ebbri e frementi,
celeste, nel tuo tempio.
La tua magia ricongiunge
ciò che la moda ha rigidamente diviso,
tutti gli uomini diventano fratelli,
dove la tua ala soave freme.



 Per un Beethoven al passo con i tempi:

-Beethoven, Allegretto dalla Settima Sinfonia in stile Salsa. Beethoven con un cesto di frutta alla Carmen Miranda in testa, sempre meglio delle parrucche pieni di pidocchi, no? 

https://www.youtube.com/watch?v=mZRb0FyAa9s

-La Quinta Disco, molti synth intervallati da noti passaggi della Sinfonia. Sembra di girare con Quincy Jones nel Bronx di New York, e allo stesso tempo di trovarsi nella Vienna del primo Ottocento. 

https://www.youtube.com/watch?v=4MFbn8EbB4k

-Immaginatevi in un elegante jazz club, seduti ad un tavolo, luci soffuse, "troppe cravatte sbagliate", mentre centellinate un Martini e oliva come vuole la più occidentale delle tradizioni. Un bel sottofondo potrebbe essere:

https://www.youtube.com/watch?v=r8aqIzmuZ9I

-Per chi ama il dolce e coinvolgente suono del flauto di plastica che si usava alla medie, l'anti musicale fatto strumento, ecco 1001 flautini furiosi pronti a deliziarci con l'Ode alla Gioia. E poi scoppiano le guerre, ora sappiamo il motivo.

https://www.youtube.com/watch?v=YOLWUXqxkFo


CORNER LETTERARIO-Fumetto

DRACULA

Luca Carpani


Come avete passato la quarantena? Scommetto avrete guardato la tv, giocato ai videogiochi, quelli dell'artistico magari avranno disegnato di più e quelli del musicale si saranno esercitati un po' a suonare... e forse qualcuno avrà letto qualcosa.    Un tempo si leggevano moltissimi libri, ma oggi, in questo mondo superveloce, chi ha ancora voglia di leggere un polveroso tomo di chissà quante pagine, decisamente più pesante dello smartphone? Forunatamente, però, sul fronte intrattenimento-istruzione esiste la rivista Topolino, che da quasi novant'anni diletta grandi e piccini con le sue storie, e che da settantadue a questa parte, propone le cosiddette Grandi Parodie Disney, in cui vengono reinterpretati classici televisivi, cinematografici, teatrali e soprattutto letterari di tutto il mondo. E, da appassionato collezionista quale sono, questo Natale ho ricevuto proprio il volume DRACULA di Bram Topker, che fa naturalmente il verso alla pietra miliare della letteratura gotica firmata da Bram Stoker. La storia colpisce immediatamente, dal titolo fino all'ultima vignetta, per le tavole estremamente elaborate e i colori cupi che guardano direttamente alle locandine dei film horror anni '50 e '60 che rendono magistralmente il senso di angoscia che si distacca drasticamente dai soliti colori accesi e rassicuranti delle storie del settimanale. Ma nonostante l'atmosfera tetra, l'avventura riesce ad essere molto poco spaventosa e molto spassosa, grazie ai geniali scambi di battute tra i personaggi Disney che interpretano i protagonisti (ed il grande antagonista) del romanzo.

La storia infatti, narrata attraverso didascalie sottoforma di romanzo epistolare, che accompagnano le vignette, segue le vicende di Jonathan Topker (parodia dell'omonimo Harker), interpretato da Topolino, giovane avvocato londinese mandato a curare l'acquisto di alcuni terreni nella contea inglese di CartaDaFax  (già i nomi fanno sbellicare) ad opera del Conte Dracula, noto come Vlad III di... Malacchia Nera. È infatti lo storico avversario del Topo a vestire i panni (e l'ingombrante parruccone) del temibile vampiro, dotato di poteri come trasformarsi a piacimento in lupo, pipistrello o struzzo, e che si nutre di rosse, sanguigne… barbabietole!

Gli autori hanno infatti saputo interpretare straordinariamente bene i temi macabri dell'opera stokeriana in leggere gag, come la drammatica scena della sepoltura del cadavere di Lucy, vittima del vampiro, che diventa il seppellimento di Clarabella, da Dracula trasformata in barbabietola.                                              

Insomma, in una settantina di pagine troverete il resoconto quasi fedele di tutto il romanzo in chiave spassosissima soprattutto per l'autoironia che gli autori non risparmiano, per esempio, alle spropositate orecchie di Minnie e Topolino, o alle maniere “da mucca” di Clarabella. Leggero, ma al contempo spettacolare per la teatralità delle magnifiche tavole. Tanto che, casomai v'interessasse, gli stessi fumettisti hanno poi realizzato anche le parodie horror de “Lo strano caso del dottor Ratkyll e di Donald Hyde”, con la doppia interpretazione dello scienziato Topolino e del pigro e rissoso Paperino e “DUCKENSTEIN di Mary Shelduck”, che riprende da Dracula l'usanza di parodizzare anche il nome dell'autrice... ma purtroppo non riesce a riprendere i toni drammatici delle prime due opere, risultando una storia a fumetti quasi “normale”, mediocre, non una parodia ben riuscita come sono, invece, Dracula o Ratkill & Hyde, che consiglio a tutti gli appassionati di fumetti, o ai semplici curiosi.











Firenze ai tempi del Covid

Lucia Maite Cavallera


Firenze l’è piccina, e vista da i’ Piazzale la pare una bambina, vestita a carnevale”


Ed è proprio così, come dice Pieraccioni. Firenze, la sera, vista dal Piazzale Michelangelo, con le sue maestose opere e la sua fama da catalizzatore di turisti, è una delle più belle visioni che si possano osservare; anche se ormai ai tempi del Covid-19 c’è ben poca gente che ha la possibilità di sfruttare questa opportunità. Il turismo infatti è bloccato da quasi un anno e la città, per essere una delle più affollate e conosciute d’Italia, si presenta alquanto vuota e tranquilla, specialmente a fine giornata prende quasi una piega silenziosa, che è triste ma allo stesso tempo se ti trovi nel posto giusto può suscitare emozioni intense.

Basta solo avere la voglia di salire un po’ di gradini, al di sopra della famosa terrazza e del Cimitero delle Porte Sante, per avere una visuale sempre più spettacolare, e al tramonto soprattutto, tocca l’apice della sua bellezza. Quando, superato l’ultimo scalino, già un po’ sfiancato dalla salita, alzi lo sguardo e ti ritrovi ritrovi all’improvviso senza fiato dall’imponenza, i colori e le arcate della Basilica di San Miniato al Monte, dove affondano le radici cristiane di Firenze; e come se non bastasse, se giri lo sguardo alle tue spalle, ti ritrovi travolto da uno dei landscape più splendidi della nostra penisola. 


(Ovviamente le foto, specialmente quelle fatte con il cellulare, non rendono giustizia a questo luogo. Bisogna vederlo dal vivo per comprendere quanta energia trasmetta!)



In effetti pare davvero piccola da lassù, ma non lascia di certo trasparire la grandezza artistica e culturale per cui è famosa e che incanta da sempre qualsiasi persona si fermi ad ammirarla.

Il lungo Arno che entro dei suoi ponti multicolori, presago, quietamente arena e in riflessi tranquilli frange appena archi severi tra sfiorir di fiori”, come ci scriveva già Dino Campana nell’ottantanove, ci lascia scorgere i ponti che stanno alla sommità delle sue acque, tra cui il Vecchio ponte della città, facilmente riconoscibile per le sue disordinate casette colorate, fu costruito in epoca romana ed è uno dei pochi a non essere stato distrutto durante i bombardamenti della seconda guerra mondiale, si racconta infatti che lo stesso Hitler fosse stato colpito dalla sua bellezza e avesse scelto di risparmiarlo.     

                                                                                                                             

Visuale sull’Arno da Ponte vecchio”




Il fiume taglia la città, riservando alla parte di destra una più spiccata rilevanza, infatti osservandola da quello spiazzo sopraelevato si possono riconoscere molte di quelle opere artistiche che ognuno ha studiato a scuola almeno una volta: partendo dall’edificio che più salta all’occhio, la grande cupola di Santa Maria del Fiore, perfetto esempio dell’architettura rinascimentale ideata da Brunelleschi, con sottostante i marmi policromi della cattedrale, il campanile di Giotto e il battistero dedicato a San Giovanni patrono della città.



Cattedrale di Santa Maria del Fiore”, Firenze piazza del Duomo




Porta del Paradiso del Battistero di Firenze” di Lorenzo Ghiberti



Se si sposta invece lo sguardo un po’ più in là si può notare un’opera che anche solo all’occhio ci risulta completamente differente perché di natura civile, uno dei palazzi civici più conosciuti al mondo, Palazzo Vecchio, con il suo alto campanile e il grande orologio; accompagnato dal Tribunale della Mercanzia, eretto nella lontana metà del trecento, e dalle sculture della Piazza della Signoria, come ‘la Fontana del Biancone” e il monumento equestre. Anche la gotica loggia dei Lanzi nata per le assemblee pubbliche è ora uno spazio espositivo ricco dei capolavori della collezione medicea, con i Leoni marmorei a guardia dell’entrata, fino al “Ratto delle Sabine” e il bronzo di Perseo.





Il ratto delle Sabine”, Loggia dei Lanzi, Firenze



Se poi si aguzza un po’ la vista si può scorgere anche una delle migliori e conosciute realizzazioni del Gotico in Italia, la Basilica di Santa Croce, denominata da Foscolo Tempio dell’Itale Gloria”  ed infatti divenuta un vero e proprio Pantheon di personaggi celebri legati alla musica, all’arte e alla letteratura; al suo interno e nella piazza omonima ci sono anche moltissime statue come il monumento a Dante Alighieri a lato del Sagrato. 


Firenze è difatti molto legata anche a questa figura, non seppellita nella Basilica probabilmente solo perchè muore a Ravenna, considerata il padre della lingua italiana, sommo poeta e uomo politico di rilevante importanza, che affonda le sue radici proprio nel centro storico della città dove tutt’ora si può ammirare la sua dimora attraverso il Museo storico, dal 2020 organizzato anche in versione digitale, la Chiesa di Santa Margherita dove dovrebbe avere conosciuto la sua amata Beatrice e a pochi minuti di distanza la sede della corporazione delle Arti dei Medici e Speziali di cui faceva parte.


 

Cartina in marmo dei luoghi familiari di Dante”



Inoltre quest’anno si festeggiano i 700 anni dalla morte di Dante e nonostante la situazione pandemica le iniziative in merito non mancheranno: la regione Toscana ha programmato un calendario di eventi interattivi e multimediali che sono partiti già dal primo dell’anno con una mostra virtuale, e adesso anche effettiva data la riapertura dei musei Uffizi dopo settanta giorni di chiusura dovuti ai nuovi regolamenti, con le illustrazioni di Federico Zuccari sulla Divina Commedia. Successivamente comprenderanno due giornate “Dantesche” consacrate al poeta, il 25 Marzo (data che gli studiosi ricollegano come inizio del suo viaggio ultraterreno) e il 14 settembre, cioè la data di inaugurazione della statua in suo onore nella piazza di Santa Croce; inoltre sarà istituito un sito ed un’app per visitare e conoscere il percorso da lui attuato con guide e spiegazioni, un documentario che sarà trasmesso alla Rai, una mostra fotografica itinerante dedicata ad esso e molti altri progetti!


In allegato il sito della Regione toscana per saperne di più! 


La macchina del tempo

CARO...,

Anastasia Arese  


Caro Erwin,

ti scrivo, non su una pergamena, con pennino e calamaio, e nemmeno su un foglio di carta con biro cancellabile. Ti scrivo da un laptop: una macchina molto molto piccola, dotata di tastiera, che mette insieme l’evoluzione di una serie di strumenti di calcolo, capace di fare tantissime cose, di sapere molte più cose di un essere umano e anche di ricordarle. Ha l’aspetto di un libro che si apre dalla parte sbagliata, e che si può trasportare molto facilmente. 

Forse conosci già un qualcosa del genere, o magari ci stai lavorando.

Negli ultimi mesi questo laptop è stato, oltre a un ottimo strumento di scrittura e ricerca di informazioni, anche tante altre cose. È stato la mia scuola, il mio hobby, le uscite con i miei amici, il mio allenatore, il mio supermercato, e tanto altro. Una pandemia globale, causata dalla diffusione di un virus, ha portato allo stravolgimento delle vite di tutti quanti e buona parte dello scorso anno chiunque non svolgesse una funzione sanitaria o essenziale, l’ha vissuta in casa, osservando il mondo da una finestra; non solo quella in vetro, ma anche quella del laptop, dello smartphone (un laptop, ma tascabile) o una televisione.

È stato un anno scioccante, segnato, a parer mio, da un’emozione che perennemente ci ha tenuto compagnia: il dubbio. 

Esatto, non la paura, il dubbio. 

C’è chi ha visto in dubbio il proprio lavoro, chi persone care, chi ha vissuto un dubbio interiore.

Chi meglio di te conosce questa  sensazione?

Ammetto, prima di continuare scrivere, la mia ignoranza nel campo della meccanica quantistica, ma cercherò di essere il più chiara possibile nell’esprimere i miei pensieri e ciò che ho tratto dalla tua ricerca.

Devi sapere che tutt’oggi sui libri delle scuole superiori è dedicata una pagina, o più, a te. La cosa che più colpisce, ancora oggi, è l’esperimento del gatto.

Forse per la simpatia dell’inclusione di un elemento tenero e molto vicino al nostro quotidiano, forse per il concetto filosoficamente disturbante, o forse perché, dalle conclusioni dell’esperienza, sembra che ciò che accade nel microcosmo, fatto da particelle, atomi, ecc. non sia poi così differente da ciò che accade nel macrocosmo, la realtà che possiamo osservare a occhio nudo.

Il gatto viene chiuso in una scatola, insieme a una provetta contenente un materiale radioattivo che ha il 50% di probabilità di decadere in un’ora. Al decadere del materiale si dovrebbe attivare un sistema che rileva la radioattività e fa cadere il materiale, riempiendo lo spazio e uccidendo il gatto. Tutto questo è solo una supposizione: potrebbe andare storto qualcosa, il materiale potrebbe non essere decaduto e il gatto potrebbe essere ancora vivo (io sinceramente spero nella seconda). 

Tutto si riconduce a quando il gatto è chiuso nella scatola. Non lo vediamo.

Ed è in quel momento che avviene la parte affascinante, quasi magica: la sovrapposizione di stati, cioè il gatto è allo stesso tempo vivo e morto.

Noi non possiamo vedere cosa sta accadendo nella scatola, per cui tutte le possibilità vengono unificate.

Saranno i nostri occhi, quando andremo ad aprire la scatola, a far collassare l’intero sistema e a stabilire uno stato di quelle possibilità.

In questi mesi siamo stati un po’ come quel gatto. 

Rinchiusi nelle nostre case (senza materiale radioattivo, si spera) abbiamo esercitato quella sovrapposizione di stati al mondo esterno. 

Allo stesso tempo ho avuto due visioni, piuttosto contraddittorie. Inizialmente una forte nostalgia per quella che era la “normalità”: sveglia presto, prendere il pullman, girare per la città… stessa routine che qualche mese prima invece mi era diventata troppo stretta, come le scarpe di quando avevi due anni. 

In contrapposizione, dopo diverso tempo, è nato un secondo stato, più negativo: la paura, l’ansia, il “ma tornerà tutto come prima? Sarò capace di stare di nuovo con gli altri?”. 

Si è data molta importanza al primo stato, forse fino al punto dell’ipocrisia, “Torneremo insieme”, “Andrà tutto bene”, il tutto adornato da arcobaleni e fiori sui balconi, e troppa poca alla seconda.  È più facile immaginarsi la quotidianità in modo quasi fiabesco, in un momento in cui stai male e hai bisogno di evadere. 

Chissà se, quando tutto sarà come prima, la stessa gente che faceva di tutto pur di uscire per vedere quel mondo fatato, persino riprendere le scarpe da ginnastica dimenticate nel fondo di un armadio impolverato, si ricorderà che quella visione dell’esterno vista (paradossalmente) da fuori non fosse poi così male e apprezzerà la sveglia presto, il traffico, la corsa al parco.

Come ti dicevo, siamo diventati il gatto del tuo esperimento, in balia dell’apertura della scatola, solo che il coperchio è la porta di casa nostra e la sovrapposizione avviene oltre essa.

Con il tuo esperimento hai messo in dubbio l’intero paradigma della meccanica quantistica dimostrando l’impossibilità del determinismo della materia. Il gatto, nella realtà, è un elettrone che si muove velocemente e in modo caotico: al momento della misurazione, l’apertura del coperchio, viene registrata solamente una posizione. Ed è quella misurazione che influenza come vedremo l’elettrone e che farà collassare tutte le altre possibilità, che prima coesistevano nella posizione dell’elettrone.

Fra diversi anni, più precisamente nel 2015, il neuroscienziato David Eagleman, scriverà un libro intitolato “Il tuo cervello, la tua storia”, e in uno dei capitoli parlerà della realtà, rendendola un qualcosa di estremamente insicuro.

Siamo abituati a pensare che la realtà sia ciò che vediamo o percepiamo con i sensi. 

La verità è che noi dal mondo esterno percepiamo solo informazioni che vengono tradotte in segnali elettrochimici, catturati da strumenti come gli occhi, il naso, ecc., che vengono trasportati nel cervello, e solo lì diventeranno: il colore blu, il profumo di un fiore, le note della nostra canzone preferita. 

La realtà compie un lungo viaggio, il tutto sotto al nostro naso.

Unendo questa scoperta, che è strettamente legata al “macrocosmo”, al tuo esperimento, che tratta del microcosmo, posso concludere che non è possibile definire la realtà delle cose, perché essa è una somma di probabilità in un’unica misurazione.

Questo concetto è applicabile ai sentimenti dell’ultimo anno. Il mondo esterno è parso stupendo, avventuroso, spaventoso, triste allo stesso tempo. 

La “misurazione” magari avveniva in un momento in cui lo stato d’animo dello “scienziato” lo portava ad attaccarsi a un qualcosa, a una certezza, oppure, la comodità della sua nuova situazione lo portava a dubitare di tutto quello che stava al di fuori.

La realtà di noi del futuro è stata per mesi a un passo dall’apertura della scatola: in bilico fra le diverse possibilità. Talvolta certi che il mondo sarebbe stato più affascinante, oppure altre volte, che avrebbe fatto più paura, ma sempre ignari che quel punto interrogativo non se ne andrà nemmeno quando quella porta sarà aperta, perché, dopo un primo attimo di stupore, la sovrapposizione degli stati, tornerà a essere solo una sotto-trama silenziosa e impercettibile e il suo fascino tornerà nel fondo dell’armadio, a fare compagnia alle scarpe e a prendere un po’ di polvere. Da qualche mese la situazione è cambiata leggermente, ma è ancora dubbia: migliora, poi peggiora di nuovo, per poi migliorare nuovamente; stiamo un po’ fuori e un po’ dentro, un po’ fuori e un po’ dentro. Chissà, il gatto si starà facendo qualche domanda…


Ho dovuto rispolverare la macchina del tempo, perché era da molto che non la usavo, quindi spero che la lettera venga recapitata al giusto destinatario…

Spero in una tua risposta.                                                                                       

Tua Anastasia.



P.S.: Erwin Schrödinger (1887-1961) è stato un fisico austriaco e ha contribuito alle fondamenta della meccanica quantistica. Viene ricordato in particolar modo per l’equazione che descrive il comportamento statistico delle particelle nel microcosmo della meccanica quantistica, e per l’esperimento del gatto, che dimostra la sovrapposizione degli stati. Gli fu assegnato il Premio Nobel per la fisica nel 1933 per i contributi forniti alla meccanica quantistica con la sua equazione.