CARO...,
Anastasia Arese
Caro Erwin,
ti scrivo, non su una pergamena, con pennino e calamaio, e nemmeno su un foglio di carta con biro cancellabile. Ti scrivo da un laptop: una macchina molto molto piccola, dotata di tastiera, che mette insieme l’evoluzione di una serie di strumenti di calcolo, capace di fare tantissime cose, di sapere molte più cose di un essere umano e anche di ricordarle. Ha l’aspetto di un libro che si apre dalla parte sbagliata, e che si può trasportare molto facilmente.
Forse conosci già un qualcosa del genere, o magari ci stai lavorando.
Negli ultimi mesi questo laptop è stato, oltre a un ottimo strumento di scrittura e ricerca di informazioni, anche tante altre cose. È stato la mia scuola, il mio hobby, le uscite con i miei amici, il mio allenatore, il mio supermercato, e tanto altro. Una pandemia globale, causata dalla diffusione di un virus, ha portato allo stravolgimento delle vite di tutti quanti e buona parte dello scorso anno chiunque non svolgesse una funzione sanitaria o essenziale, l’ha vissuta in casa, osservando il mondo da una finestra; non solo quella in vetro, ma anche quella del laptop, dello smartphone (un laptop, ma tascabile) o una televisione.
È stato un anno scioccante, segnato, a parer mio, da un’emozione che perennemente ci ha tenuto compagnia: il dubbio.
Esatto, non la paura, il dubbio.
C’è chi ha visto in dubbio il proprio lavoro, chi persone care, chi ha vissuto un dubbio interiore.
Chi meglio di te conosce questa sensazione?
Ammetto, prima di continuare scrivere, la mia ignoranza nel campo della meccanica quantistica, ma cercherò di essere il più chiara possibile nell’esprimere i miei pensieri e ciò che ho tratto dalla tua ricerca.
Devi sapere che tutt’oggi sui libri delle scuole superiori è dedicata una pagina, o più, a te. La cosa che più colpisce, ancora oggi, è l’esperimento del gatto.
Forse per la simpatia dell’inclusione di un elemento tenero e molto vicino al nostro quotidiano, forse per il concetto filosoficamente disturbante, o forse perché, dalle conclusioni dell’esperienza, sembra che ciò che accade nel microcosmo, fatto da particelle, atomi, ecc. non sia poi così differente da ciò che accade nel macrocosmo, la realtà che possiamo osservare a occhio nudo.
Il gatto viene chiuso in una scatola, insieme a una provetta contenente un materiale radioattivo che ha il 50% di probabilità di decadere in un’ora. Al decadere del materiale si dovrebbe attivare un sistema che rileva la radioattività e fa cadere il materiale, riempiendo lo spazio e uccidendo il gatto. Tutto questo è solo una supposizione: potrebbe andare storto qualcosa, il materiale potrebbe non essere decaduto e il gatto potrebbe essere ancora vivo (io sinceramente spero nella seconda).
Tutto si riconduce a quando il gatto è chiuso nella scatola. Non lo vediamo.
Ed è in quel momento che avviene la parte affascinante, quasi magica: la sovrapposizione di stati, cioè il gatto è allo stesso tempo vivo e morto.
Noi non possiamo vedere cosa sta accadendo nella scatola, per cui tutte le possibilità vengono unificate.
Saranno i nostri occhi, quando andremo ad aprire la scatola, a far collassare l’intero sistema e a stabilire uno stato di quelle possibilità.
In questi mesi siamo stati un po’ come quel gatto.
Rinchiusi nelle nostre case (senza materiale radioattivo, si spera) abbiamo esercitato quella sovrapposizione di stati al mondo esterno.
Allo stesso tempo ho avuto due visioni, piuttosto contraddittorie. Inizialmente una forte nostalgia per quella che era la “normalità”: sveglia presto, prendere il pullman, girare per la città… stessa routine che qualche mese prima invece mi era diventata troppo stretta, come le scarpe di quando avevi due anni.
In contrapposizione, dopo diverso tempo, è nato un secondo stato, più negativo: la paura, l’ansia, il “ma tornerà tutto come prima? Sarò capace di stare di nuovo con gli altri?”.
Si è data molta importanza al primo stato, forse fino al punto dell’ipocrisia, “Torneremo insieme”, “Andrà tutto bene”, il tutto adornato da arcobaleni e fiori sui balconi, e troppa poca alla seconda. È più facile immaginarsi la quotidianità in modo quasi fiabesco, in un momento in cui stai male e hai bisogno di evadere.
Chissà se, quando tutto sarà come prima, la stessa gente che faceva di tutto pur di uscire per vedere quel mondo fatato, persino riprendere le scarpe da ginnastica dimenticate nel fondo di un armadio impolverato, si ricorderà che quella visione dell’esterno vista (paradossalmente) da fuori non fosse poi così male e apprezzerà la sveglia presto, il traffico, la corsa al parco.
Come ti dicevo, siamo diventati il gatto del tuo esperimento, in balia dell’apertura della scatola, solo che il coperchio è la porta di casa nostra e la sovrapposizione avviene oltre essa.
Con il tuo esperimento hai messo in dubbio l’intero paradigma della meccanica quantistica dimostrando l’impossibilità del determinismo della materia. Il gatto, nella realtà, è un elettrone che si muove velocemente e in modo caotico: al momento della misurazione, l’apertura del coperchio, viene registrata solamente una posizione. Ed è quella misurazione che influenza come vedremo l’elettrone e che farà collassare tutte le altre possibilità, che prima coesistevano nella posizione dell’elettrone.
Fra diversi anni, più precisamente nel 2015, il neuroscienziato David Eagleman, scriverà un libro intitolato “Il tuo cervello, la tua storia”, e in uno dei capitoli parlerà della realtà, rendendola un qualcosa di estremamente insicuro.
Siamo abituati a pensare che la realtà sia ciò che vediamo o percepiamo con i sensi.
La verità è che noi dal mondo esterno percepiamo solo informazioni che vengono tradotte in segnali elettrochimici, catturati da strumenti come gli occhi, il naso, ecc., che vengono trasportati nel cervello, e solo lì diventeranno: il colore blu, il profumo di un fiore, le note della nostra canzone preferita.
La realtà compie un lungo viaggio, il tutto sotto al nostro naso.
Unendo questa scoperta, che è strettamente legata al “macrocosmo”, al tuo esperimento, che tratta del microcosmo, posso concludere che non è possibile definire la realtà delle cose, perché essa è una somma di probabilità in un’unica misurazione.
Questo concetto è applicabile ai sentimenti dell’ultimo anno. Il mondo esterno è parso stupendo, avventuroso, spaventoso, triste allo stesso tempo.
La “misurazione” magari avveniva in un momento in cui lo stato d’animo dello “scienziato” lo portava ad attaccarsi a un qualcosa, a una certezza, oppure, la comodità della sua nuova situazione lo portava a dubitare di tutto quello che stava al di fuori.
La realtà di noi del futuro è stata per mesi a un passo dall’apertura della scatola: in bilico fra le diverse possibilità. Talvolta certi che il mondo sarebbe stato più affascinante, oppure altre volte, che avrebbe fatto più paura, ma sempre ignari che quel punto interrogativo non se ne andrà nemmeno quando quella porta sarà aperta, perché, dopo un primo attimo di stupore, la sovrapposizione degli stati, tornerà a essere solo una sotto-trama silenziosa e impercettibile e il suo fascino tornerà nel fondo dell’armadio, a fare compagnia alle scarpe e a prendere un po’ di polvere. Da qualche mese la situazione è cambiata leggermente, ma è ancora dubbia: migliora, poi peggiora di nuovo, per poi migliorare nuovamente; stiamo un po’ fuori e un po’ dentro, un po’ fuori e un po’ dentro. Chissà, il gatto si starà facendo qualche domanda…
Ho dovuto rispolverare la macchina del tempo, perché era da molto che non la usavo, quindi spero che la lettera venga recapitata al giusto destinatario…
Spero in una tua risposta.
Tua Anastasia.
P.S.: Erwin Schrödinger (1887-1961) è stato un fisico austriaco e ha contribuito alle fondamenta della meccanica quantistica. Viene ricordato in particolar modo per l’equazione che descrive il comportamento statistico delle particelle nel microcosmo della meccanica quantistica, e per l’esperimento del gatto, che dimostra la sovrapposizione degli stati. Gli fu assegnato il Premio Nobel per la fisica nel 1933 per i contributi forniti alla meccanica quantistica con la sua equazione.