venerdì 23 aprile 2021

LA PAROLA DEL GIORNO

 RAVE

La parola "Rave" nasce dal verbo inglese "to rave" che significa "entusiasmarsi" "andare in delirio", ma la parola "Raver" fu probabilmente utilizzata per la prima volta dai giornalisti inglesi per attaccare i fan del jazz ritenuti troppo "entusiasmati" per il festival di Beaulieu nel 1961.

Il movimento dei "Rave party" o "Free Party" è in verità definito come una manifestazione di tipo musicale gratuita e autogestita: il che sta a significare che negli spazi in cui si svolge, solitamente luoghi isolati sia all'aperto che al chiuso, si creano molto spesso dei veri e propri " Villaggi" con decorazioni, tende, camper e furgoni che sono anche soliti attrezzarsi per la vendita di cibo, bevande, gadget, bigiotteria fatta a mano e svariate altre cose. Il ritmo che caratterizza questi eventi si può ricollegare benissimo alle più antiche forme di balli delle culture primitive, infatti è il suono delle percussioni, che con l'avanzare degli anni e il miglioramento delle tecnologie, è diventato la base per moltissimi generi come la Tekno, la Techno, la Goa, la drum&bass e la Jungle. Spesso la musica è accompagnata da performance di artisti e giocolieri.

Il concetto di Rave party nasce tra gli anni '70 e '80 soprattutto in Gran Bretagna dove la controcultura hippy stava dando vita al movimento dei "traveller": nomadi spesso dediti a organizzare grandi fiere gratuite che diventavano luoghi d'incontro per tutti i movimenti di cultura alternativa come il punk, il rock psichedelico, i sound system e in particolare le crew che organizzavano feste acid house o suonavano nei locali. Infatti per questi ultimi il problema era proprio la chiusura dei locali ad ore preste che li spingeva a spostarsi in luoghi esterni come fabbriche abbandonate, capannoni industriali e boschi.
Le minoranze in questo modo volevano denunciare tutti i problemi imposti dal sistema, che in quegli anni imponeva divieti, repressioni e controlli, evidenziando problemi economici e sociali senza però rinunciare a un concetto di aggregazione che li rendeva anche più uniti e forti.
Nell'ultimo decennio questi eventi sono diminuiti e si sono orientati a un pubblico più ristretto, ma nell'est Europa padroneggiano ancora soprattutto per quanto riguarda la scena Goa e i Festival Psy-trance.



Purtroppo molta gente riconduce questa parola a fatti di cronaca nera perché gli editori locali se ne occupano dando risalto solo a risse, incidenti, sequestri di droga e assembramenti, compromettendo spesso le informazioni e utilizzando foto fasulle che non sono inerenti a questi eventi. Si tratta infatti di una strategia di marketing di eventi e stratagemmi giornalistici per attirare l'attenzione su eventi di massa che magari non hanno nulla a che fare con l'estetica, i valori e la musica originaria di questa scena. 
In Italia soprattutto sono visti come luoghi in cui circolano sostante stupefacenti illegali, quando invece all'interno delle feste meglio organizzate vengono organizzate delle campagne di informazione proprio per evitare l'uso irresponsabile di queste sostanze. In alcuni Paesi vengono addirittura contattati dalle crew e dagli organizzatori quegli enti statali, o non, che si occupano proprio di "riduzione del rischio" distribuendo volantini, istituendo stand ("info drugs") con specialisti a cui fare riferimento e delle "chill zone" dove potersi riposare, trovare acqua e anche paramedici pronti ad aiutare in caso di necessità. 



Hakim Bey li definisce come "Zone Temporaneamente Autonome": luoghi momentaneamente occupati dove i partecipanti possono sentirsi liberi e invisibili, lontano dalle autorità e dal giudizio della gente. Il loro motto è "PLUR": peace, love, unity, respect!