LAPALISSIANO
di Anastasia Arese
"Ovvio,
evidente, detto di una verità
o
di un fatto talmente manifesti e naturali che sarebbe ridicolo
enunciarli” - Enciclopedia
Treccani.
Il
termine “lapalissiano” si origina dalla figura di Jacques
II de Chabannes de La Palice
(1470-1525) il quale fu un militare e maresciallo, nato nella città
francese di La Palice e morto dopo aver combattuto durante la
Battaglia di Pavia del 1525
(battaglia tra l’esercito
di Francesco I e quello di Carlo V d’Asburgo).
Ma
cosa possono avere in comune un militare francese e una tautologia?
Alla
morte di La Palice, i suoi soldati gli dedicarono un epitaffio che
recitava:
“Qui
giace il signore de La Palice. Se non fosse morto, farebbe ancora
invidia”. (“Ci-gît
Monsieur de La Palice. Si il n'était pas mort, il ferait encore
envie”).
Sappiamo
tutti che, come la matematica afferma, cambiando la posizione degli
addendi il risultato non cambia, giusto?
Questa
volta no.
Col
passare del tempo alcuni errori di lettura, dovuti alla calligrafia
utilizzata per l’epitaffio, la frase originaria venne plasmata e
cambiò completamente il suo significato. “Envie”
(invidia) divenne “En
vie”
(in vita) e la “f” di “ferait"
(farebbe) fu scambiata con una “s” trasformando la parola in
“Serait”
(sarebbe”).
Il
risultato?
“Si
il n'était pas mort, il serait encore en vie”: "Se
non fosse morto, sarebbe ancora in vita" .
Una
frase lapalissiana, appunto, talmente ovvia da risultare ridicola.
Il
termine verrà coniato più tardi, nel XIX secolo.
Al
maresciallo, ormai diventato la personificazione dell’ ”ovvietà
banale”, senza aver contribuito alla creazione di questo ruolo, in
vita, venne dedicata una “canzone” dal poeta Bernard de la
Monnoye: strofe dal contenuto banale e ovvio, proprio come la dedica
dei soldati al loro generale. La poesia fu la definitiva
consacrazione del personaggio di Jaques La Palice come il “signore
Lapalissiano”.