RAINBOW CAN CHANGE
Ginevra Di Pasqua
Il cellulare sul comodino suonò echeggiando in una stanza buia dalle pareti azzurro pastello. Jayden ci posò poco delicatamente la mano e rispose con la calma di chi è appena stato svegliato alle quattro del mattino: “Pronto...?!” Dall’altro capo non arrivò risposta, l’unica cosa che si sentiva era lo scoppiettare di un fuoco e dopo pochi secondi uno scroscio d’acqua improvviso, poi più nulla. Rimase a fissare lo schermo del cellulare e poi capì, sorrise e rimise a posto il cellulare attaccandolo allo spinotto della carica. “Chi era?” A parlare era stato Nicolas, l’uomo alla sua sinistra “Nessuno tesoro, torna a dormire”. Lui scrollò le spalle e si giròe fissando la parete “Sai che puoi dirmi tutto, vero?”, disse dopo secondi di silenzio. Jayden sentì un lieve brivido “Certo. Lo so”.
Tre ore più tardi Nicolas era già partito per andare al lavoro e lui aveva più di cinque ore per prepararsi a incontrare l’interlocutore che lo aveva disturbato quella mattina. Mise una camicia bianca e un gillet di lana color legno sopra a un paio di semplici jeans e dei mocassini neri. D’aspetto fisico era perfettamente identico a un qualunque uomo di mezza età che andava al lavoro, non doveva nemmeno provare a fare finta ormai. Raggiunse un vecchio parco alla periferia di Londra, non molto frequentato, che rimaneva comunque delizioso nella sua semplicità. La vide subito, seduta sul ramo di un albero con i suoi poco appariscenti capelli rosa; non dimostrava più di diciotto anni e indossava un semplice completo top-gonna nero, degli stivali dalla suola alta almeno cinque centimetri e una grande giacca olografica. Appena lo vide scese dall’albero euforica e corse ad abbracciarlo “Quanto mi sei mancato!” disse subito in preda alla felicità. “Non ci vediamo dal 1941, che hai fatto finora anziché cercarmi brutto piccolo...“... Si interruppe quando finalmente si staccò e lo guardò in faccia. “Oh, mia Sole, che diamine ti è successo?”. Jayden sospirò e la fissò in silenzio per un po’. “Arley…”, iniziò senza sapere esattamente cosa dire. “Sono successe molte cose…”. “Questo lo vedo”, lo interruppe lei, cambiando lentamente espressione. Se prima era felice come una Pasqua adesso sembrava stesse guardando uno sconosciuto. “In Argentina... Dopo la fine della guerra ho voluto aspettare ancora un po’ di anni per bloccare sul nascere dei gruppi nazisti, poi ho incontrato un uomo, si chiama Nicolas”. “Non ti seguo”, interruppe di nuovo, ma in realtà aveva capito benissimo cos’era successo. “Mi sono sposato, ti spaventa tanto come idea? Pensavo che saresti stata entusiasta... perché è un uomo”. Arley sforzò un sorriso e rispose un po’ nel panico: “Non è il fatto del matrimonio in sé e nemmeno per il fatto che sia un uomo, lo sapevo già... Guardati, sei cambiato, non sei più come prima, è davvero questa la vita che vuoi? E quando morirà? Ci siamo sempre detti di impedirci di affezionarci ai mortali, portano solo male, e quando invecchierà? Invecchierai anche tu? Rimarrai un vecchio per sempre oppure...” Si fermò un po’ per riprendere fiato e un po’ perché non aveva il coraggio di andare avanti. “Lo sai... se ti leghi troppo alla vita di un umano cominci a seguirla, fino alla fine… Sei sicuro di quello che stai facendo?!”. Stava iniziando a scaldarsi, cercò tuttavia di mantenere la calma. “Arley… lo so bene, ma è diverso, io sono diverso da te e, sì, sono cambiato da quando mi conoscevi tu e...“. “Anche io devo dirti una cosa”. Si era dimenticato quanto desse il nervoso la sua brutta abitudine di interrompere chi parla. “Ho conosciuto Charlie dopo la guerra… Con lui c’era qualcuno di cui non ti ho mai parlato, l’avevo incontrato circa un secolo prima e mi aveva parlato di lui… Dopo di noi Sole e Luno hanno fatto un altro tentativo e quella volta è andata bene. Si chiama Niran ed era il loro diretto sottoposto, una sorta di consigliere e comandante; sapeva di noi e ha formato un gruppo di angeli di cui si fidava completamente e organizzato un modo per scendere qui sulla Terra senza che nessuno lo sapesse. Avevano creato un corpo identico al suo e quando li scoprirono li videro come una sorta di fanclub, Sole cancellò la memoria a tutti meno che a lui che sfruttò il corpo per inscenare la sua morte e venire da noi. Morale della favola? Da dopo la guerra lui, Charlie ed io stiamo organizzando un modo per riscattarci! Potremmo finalmente far capire a tutti quei bastardi che cosa significa vivere come noi! Saremo la prima rivoluzione contro il cielo ci pensi?!”
“No.”
Fu una risposta decisa, talmente decisa che Arley abbandonò di colpo tutto il suo entusiasmo “… In che senso no?” “No, io sono felice adesso, ho un marito che mi ama, una casa, un lavoro e mi sento umano per la prima volta, non mi importa se potrebbe portarmi alla morte, non è meno suicida della tua idea, ma almeno vivrò finalmente una vita in pace senza sentirmi diverso... mi dispiace ma per me è un no”. L’entusiasmo le si spense in volto per la seconda volta e per un po’ non seppe come rispondere, scosse lievemente la testa, gli occhi blu cominciarono a scurirsi leggermente fino a tendere a un viola caldo e si spostarono in un punto casuale alla sua destra e poi a sinistra senza sapere esattamente cosa guardare. “Va bene… come preferisci… io devo andare, con Charlie ci siamo trasferiti a un’oretta da qui, se cambi idea chiamami”. Chiuse la conversazione e lasciò il parco dalla parte opposta da cui era entrato Jayden, lui poteva scommettere di averle visto battere i piedi come una bambina. “Nicolas”, disse a voce alta una volta lontana dal parco “non mi è mai piaciuto come nome”
Continua…