domenica 16 gennaio 2022

LO SCHIAFFO

Vagoni rosa e pacche… sulla spalla

di Anastasia Arese

Facciamo un gioco.

Immaginate di essere in casa, nella vostra cucina.

State tagliando a fette una mela e accidentalmente, per un fantastico colpo di fortuna, vi procurate un taglio bello profondo, da cui inizia a uscire copiosamente del sangue. A questo punto vagate per la casa, e cercate in ogni angolo un cerotto, ma l’unica cosa che riuscite a trovare nel mobiletto del bagno è uno di quegli inutili cerottini rotondi e piccoli, che sicuramente non servirà a molto.

Attraverso questa metafora, se non siete ematofobici, e quindi non siete ancora svenuti, avete appena colto le conclusioni del tema di oggi.

Il 27 novembre 2021, durante una diretta televisiva, la giornalista Greta Beccaglia è stata vittima di una violenza, fisica e psicologica. Un gesto veloce, un passaggio fulmineo, un contesto degradato.

Lo SCHIAFFO. Lo schiaffo che ha scatenato l’indignazione, e l’attenzione mediatica verso la mancanza di rispetto, di decoro, ma soprattutto di educazione, e no, non intendo quell’educazione per cui bisogna bussare prima di entrare in case altrui, ma un’educazione più profonda e che deve essere lo “sfondo inconscio” delle nostre azioni.

Diverse settimane dopo l’accaduto un evento, apparentemente scollegato da quello precedente, ha mosso nuovamente l’opinione pubblica: una petizione, sulla piattaforma change.org, per la creazione dei cosiddetti “vagoni rosa”, ovvero, scompartimenti dei treni destinati a sole donne così che esse non debbano più aver paura di viaggiare da sole e si limitino i rischi di violenza sessuale.

Un’idea magnifica, non vi pare?

Dei favolosi vagoni rosa, magari con le poltrone glitterate, cuscini rosa, smalti e maschere viso in omaggio o qualsiasi altro “oggetto tipico dello stereotipo di genere femminile”.

Adesso non vi sentite più al sicuro, donne?

Di fronte a questo vagone rosa, però, sorgono altri due problemi.

Il primo riguarda il fatto che anche gli uomini possano essere soggetti a violenza sui mezzi di trasporto: a loro un bel vagone blu, scommetto! Magari con un bel televisore per guardare le partite di calcio.

Il secondo problema, e che forse sta alla base di tutto, riguarda le persone non binarie. Quale vagone potranno scegliere per mettersi al riparo?

La problematica della violenza di genere è un tema che interessa l’opinione pubblica ormai da secoli, e il cui dibatto continua tutt’oggi. Si tratta di un argomento molto vasto, e che di anno in anno si amplia e giunge a nuove svolte e a nuovi paradossi.

Il vagone rosa, di fronte a questa grande problematica, non è altro che il cerottino piccolo, messo sulla lacerazione della vostra mano che, certo, magari assorbirà del sangue, ma non farà nient’altro, e la vostra ferita continuerà a zampillare. La stessa mano lacerata è quella che si poggia sul fondoschiena della giornalista con “goliardia”.

Si tratta di una dinamica trita e ritrita che da una parte cerca di risolvere il problema, ma dall’altra si nutre del così detto “victim blaming”, e nasce da una radice comune: la sovranità del concetto di binarismo di genere e dei suoi stereotipi.

I danni sono tanti, sono troppi.

Lo schiaffo e il vagone sono semplicemente dinamiche di potere, una in modo diretto e l’altra in modo indiretto. Il danno e la beffa, la sconfitta.


Ma educare le persone al consenso, al concetto di binarismo e non binarismo, all’equità fra le persone è troppo complesso… meglio un vagone glitterato e una pacca… sulla spalla.