domenica 15 gennaio 2023

DONNA, VITA, LIBERTÀ

 

di Aurora Armando


Zan. Zendegi. Azadi” (in Iraniano)

Questo è il grido che negli ultimi mesi si sta diffondendo sul web e nelle varie manifestazioni di piazza in giro per il mondo, in sostegno alle proteste in Iran contro il regime degli Ayatollah che opprime la popolazione da più di 20 anni.

Da inizio settembre l’Iran è sconvolto da violente proteste che coinvolgono 161 città, con più di 18.000 manifestanti arrestati e quasi 500 vittime tra i rivoltosi.

A protestare sono state per prime le studentesse, in molti casi bruciando simbolicamente il proprio velo o tagliandosi pubblicamente i capelli. La Repubblica islamica d’Iran vieta che le donne mostrino i propri capelli in pubblico, farlo è ritenuto un segno di immoralità.

Oltre che per esprimere il dissenso verso l’autorità, la pratica è anche un segno di lutto e, quindi, di vicinanza a Mahsa Amini, uccisa perché non indossava bene il velo: dopo un controllo della polizia morale, la ragazza sarebbe stata picchiata per poi morire dopo due giorni di coma.

Ben presto le proteste si sono però trasformate in moti di dissenso contro l’obbligo del velol’oppressione delle libertà personali e dei diritti civili da parte delle autorità iraniane. Accanto al grido “donne, vita e libertà” risuona anche quello “morte al dittatore”, con riferimento alla Guida Suprema Ali Khamenei.

Dallo scoppio delle proteste le autorità iraniane hanno interrotto l’accesso a Internet in tutto il Paese, in modo discontinuo ma frequente. A partire dal 21 settembre, e per ordine del Consiglio di sicurezza nazionale iraniano, sono state bloccati diverse applicazioni di messaggistica e social media.

È importante ricordare che bloccare l’accesso a Internet viola il diritto alla libertà di espressione e all’accesso alle informazioni, oltre che il diritto alla libertà di riunione pacifica e associazione, sanciti dal Trattato ONU sui diritti politici e civili, di cui l’Iran è Paese firmatario.

Mentre le iraniane in Iran scendono in piazza e si affidano a reti private virtuali e ad altri strumenti per aggirare la censura, a fare da cassa di risonanza alle loro proteste pensano le donne iraniane della diaspora.



Ecco un elenco delle giornaliste occidentali con le radici in Iran, iraniane in esilio, attiviste per i diritti delle donne e delle attrici che, in questo momento, non possono tacere: le voci delle donne iraniane della diaspora su Twitter offrono punti di vista eccezionali sulla rivoluzione in Iran. A portata di clic:

Sima Sabet (@Sima_Sabet). Giornalista dell’International Iran TV.

Negar Mortazavi, giornalista dell’Indipendent in USA.

Masih Alinejad (@alinejadmasih), giornalista e blogger.

Shiva Mahbobi (@shivamahbobi), portavoce della campagna Free Political Prisoners in Iran: il suo motto è «Non sono cresciuta in una famiglia in cui valevo meno di mio fratello. Non posso accettare niente di diverso».

Mahsa Alimardani, ricercatrice dell’Oxford Internet Institute (blog su twitter).

Shadi Sadr (@shadisadr), avvocata e cofondatrice di @Justice4Iran.

Ha contribuito a fondare Women’s Field, associazione a sostegno dei diritti delle donne che ha lanciato diverse campagne, tra cui quella contro la lapidazione, punizione crudele che viene ancora eseguita in Iran. Dopo esser stata ripetutamente arrestata, vive in esilio.

Golnaz Esfandiari (@Gesfandiari), corrispondente per Radio Free Europe dove ha anche un blog (Persian Letters).

Shadi Amin @shadiamin6, attivista e scrittrice. È coordinatrice dell‘Iranian Lesbian Network (6Rang), che ha richiesto l’intervento della comunità internazionale per il rilascio delle due prigioniere, Zahra Sedighi-Hamadani e Elham Choubdar, accusate di corruzione attraverso la promozione dell’omosessualità.

Samaneh Savadi (@samaneh_savadi), attivista che si occupa di uguaglianza di genere. Vive a Brighton e ha fondato Cheragh.org, una piattaforma per la prevenzione delle molestie sessuali incentrata sull’educazione.

Elika Ashoori, giornalista, figlia del politico britannico arrestato e detenuto per 5 anni nella temibile prigione di Evin, a Teheran in Iran, per presunta opposizione politica al regime.

Azadeh Moaveni (@AzadehMoaveni), giornalista del TIME e scrittrice. I suoi libri-reportage sono pietre miliari per capire l’Iran. Come Viaggio di nozze a Teheran, in cui racconta il ritorno, come corrispondente per il Time, nel suo Paese di origine alla vigilia delle elezioni di Mahmoud Ahmadinejad. E Lipstick Jihad (La jihad del rossetto).

Nazanin Boniadi (@NazaninBoniadi), attrice star de Il signore degli anelli – Gli anelli del potere (dove è Bronwyn, madre single e guaritrice delle Terre del Sud).

Golshifteh Farahani, attrice e cantautrice iraniana in esilio a Ibiza (interpretava Salma nel film Un divano a Tunisi di Manèle Labidi). È stata la prima attrice iraniana a entrare in una grande produzione hollywoodiana (il film di Ridley Scott Nessuna verità), primato che l’ha condannata per anni all’esilio in Francia per essersi mostrata senza velo. Qui canta sul palco assieme ai Coldplay, «Baraye» di Shervin Hajipour, l’inno degli iraniani che lottano per la libertà. La canzone che nel testo riporta le frasi scritte sui social dei giovani che protestano per Mahsa Amini.

L’hashtag #MahsaAmini continua a essere tra i più visualizzati

Concludo col dire che non dobbiamo fermare la protesta e anzi dobbiamo lottare per la libertà di tutte le donne nel mondo.