sabato 6 maggio 2023

Il rapporto genitori-figli

di Asia Margaria


In un romanzo del 2013, Michele Serra ci definiva "sdraiati": "Forse sono di là, forse sono altrove. In genere dormono quando il resto del mondo è sveglio, e vegliano quando il resto del mondo sta dormendo. Sono gli sdraiati. I figli adolescenti, i figli già ragazzi.". Lo scrittore non risparmia niente ai figli, niente ai padri. Racconta l'estraneità, i conflitti, le occasioni perdute, il montare del senso di colpa, il formicolare di un'ostilità che nessuna saggezza riesce a placare.

Per cercare dunque di capire chi siamo e in quale contesto ci muoviamo, proviamo ad usare le parole di alcuni esperti e addentriamoci in alcuni concetti alla base di un rapporto che interessa tutti noi.

La psicologa, dott.ssa Francesca Chiera, alla domanda: "In psicologia, come viene definito il concetto di famiglia?" risponde: "In psicologia, con il termine famiglia si intende il primo ambiente in cui il singolo individuo è inserito".

Pertanto, per discutere del rapporto genitori-figli, è necessario prima di tutto capire che cosa è veramente la famiglia e soprattutto se l'individuo pensa sia un punto di riferimento oppure no, se essa sia importante oppure no. È il primo mondo che il figlio esplora.

La dottoressa continua: "La famiglia costituisce ancora la cellula base, il nucleo vitale della società".

Quindi il concetto di famiglia come "nucleo vitale della società" dovrebbe essere un po' quello che le persone definiscono "normalità".

Ma molti non guardano al concetto "famiglia" in questo modo, forse perché non vedono quel filo che dovrebbe unire genitori e figli, forse perché non sentono la complicità che dovrebbe nascere, non hanno o non hanno avuto mai quel sostegno che la famiglia dovrebbe dare.

"Come definisce la psicologia il rapporto tra genitori e figli?"

La Dott.ssa Chiera spiega: "Il rapporto tra genitori e figli è un tassello fondamentale per la crescita psicologica dell'individuo".

Esattamente!

Un rapporto debole potrebbe compromettere il carattere e i sentimenti del figlio, ma anche dei genitori. È fondamentale che ci sia un forte legame tra genitore e figlio per il bene di entrambi.

La dott.ssa Chiera continua facendo riferimento alla teoria "dell'attaccamento" di John Bowlby: "è una delle mie teorie preferite in quanto ha descritto in modo semplice la relazione: la capacità di trasferire sicurezza nel bambino, costruire un attaccamento sicuro, sarà la base per il futuro adulto di fidarsi del mondo".

John Bowlby - https://www.stateofmind.it/bibliography/bowlby-john/ - è stato uno psicologo, medico e psicoanalista (colui che guida il paziente nell'esplorazione del suo inconscio e lo aiuta a conoscersi meglio) britannico che, come già detto dalla dott.ssa Chiera, ha creato la teoria dell'attaccamento.

La teoria spiega che il bambino, quando è vicino a chi ama, si trova in una situazione di tranquillità, protezione, quindi sicurezza, quando se ne allontana alimenta stati ansiosi o può anche diventare triste e angosciato.

John Bowlby spiega che la mancanza di una figura materna o comunque affettiva incide profondamente sulla crescita del bambino non solo dal punto di vista emotivo e sociale, ma anche fisico e intellettuale.

Secondo lo psicologo Bowlby il legame di attaccamento si crea attraverso delle fasi (quattro):

  1. Pre-attaccamento. Si verifica dalla nascita alle prime 8-12 settimane di vita; il bambino non è in grado di capire chi ha attorno;
  2. Attaccamento in formazione. Si verifica tra i 3 e i 6 mesi, quando il bambino inizia a riconoscere chi ha attorno e a capire come comportarsi con le persone; già in questo periodo, se lasciato da solo, si agita;
  3. Attaccamento vero e proprio. Si verifica tra i 6 e gli 8 mesi, quando il legame tra genitore e figlio diventa stabile; può iniziare a presentarsi la cosiddetta "protesta da separazione", quando viene lasciato da solo;
  4. Relazione reciproca. Si verifica dai 2 anni in su, quando il bambino capisce che se il genitore va via, poi ritornerà.

Ritornando alla Dott.ssa Chiera, sentiamo la sua risposta a una domanda assai curiosa:

- "Perché molti genitori affermano che è difficile essere genitori?"

- "La genitorialità è un processo arduo e difficile, non esiste manuale, tutta l'esperienza viene fatta sul campo."

Non essendo genitore non posso capire a pieno quello che provano i genitori, ma so che è molto difficile e che, come dice la Dott.ssa, non ci sono regole precise che devi seguire, come potrebbe essere in una ricetta culinaria.

Aggiunge: "È fondamentale, per noi genitori, imparare ad osservare i nostri figli, ad ascoltarli, dare loro tempo e attenzione".

Ma ciò vale anche per i figli; anche loro devono essere capaci di ascoltare i propri genitori, perché anche loro, come tutti gli esseri umani, hanno le loro preoccupazioni.

Infine la Dott.ssa evidenzia il fatto che non è un problema chiedere aiuto nel caso non ci fosse un legame forte tra genitori e figli: "Laddove il dialogo fosse difficile e dovesse presentarsi un malessere, è opportuno chiedere aiuto e trovare nuovi strumenti per fronteggiare il disagio".

Solo così, che sia da una posizione orizzontale o verticale, entrambi, genitori e figli, potranno spingere lo sguardo oltre le proprie spalle e cercare di vedere il mondo dell'altro, senza pregiudizi e con il cuore aperto.


"Il bambino si costruisce un modello interno di se stesso in base a come ci si è preso cura di lui"

John Bowlby